L’appuntamento con la guida e con l’autobus, che ci avrebbe accompagnati anche oggi nella visita della città di Barcellona, era per le 9,30 davanti all’albergo.
Con la solita confusione, più confacente ad una comitiva più giovane della nostra, prendiamo posto sul pullman e iniziamo il giro turistico/culturale programmato per la giornata.
La nostra guida, un catalano di nome Giuseppe Maria, per quelle singolari coincidenze che, a volte, si determinano, era accompagnato da un autista di nome Jesus, dopo aver celiato sulla presenza completa della “Sagrada Familia”, ha iniziato ad illustrarci i monumenti che incontravamo, alternando anche nozioni storiografiche ed economico/politiche sulla Catalogna. Abbiamo avuto la fortuna di essere assegnati ad una persona che esercita questa professione da trentacinque anni, insegnante alla scuola di turismo e con una spiccata predilezione per l’architettura e la storia dell’arte. Passione, questa, che l’ha condotto in tutta Europa ed in Italia in particolare, cui è molto legato.
Dopo un breve percorso cittadino, scendiamo in Piazza Cristoforo Colombo, dalla quale prendiamo le mosse per visitare la parte più antica e caratteristica della città in netto contrasto con la sua parte moderna, dalla geometria regolare e dalle ampie strade alberate.
Percorriamo i vicoli del quartiere gotico, alcune strade che fanno parte del percorso del “Modernismo”, dove si ammirano altri edifici progettati dagli architetti catalani, contemporanei ed emuli del più famoso fra loro: Antonio Gaudì, il geniale e fantasioso realizzatore d’edifici privati e pubblici, che traeva la sua ispirazione dalla natura e dalla religione.
Nel corso di quest’interessante itinerario storico/culturale, la nostra colta guida ci conduce nel punto esatto, dove fu fondata la città dai Romani, nel quattordici avanti Cristo, in epoca Augustea. Egli ci fa raccogliere in un vicoletto, davanti ad una piccola porta, alla base della quale, interrata nel lastricato, c’è una ruota di una macina romana. In quel punto e sotto le costruzioni adiacenti, ci sono le tracce del primo nucleo romano di Barcellona.
Durante l’illustrazione di quest’evento, nella piccola stradina in cui stavamo pigiati, si leva una voce delicata e dolce che intona l’Ave Maria di Schubert.
La guida s’interrompe e noi con lui ci voltiamo intorno e verso l’alto per scoprire da dove o da quale finestra proviene quella voce, che crediamo originasse da una radio o da un disco, ma senza risultato.
La sosta in quel luogo è terminata e la guida, ponendosi, come il solito, dinnanzi al gruppo, si avvia verso una piccola piazzetta che si apre alla fine dello storico vicolo, sempre accompagnati da quella dolce e languida voce che continua a cantare la famosa preghiera, stranamente, senza accompagnamento musicale.
Appena giunti sulla piazzetta, scopriamo l’origine di questo canto.
Nel mezzo di essa, accanto ad un muro perimetrale di un’antica chiesa romanica, c’è una figura femminile, minuta, vestita di un abito lungo fino ai piedi. Il viso ha i lineamenti delicati, da cui traspare una gioventù non ancora lontana e, sopra di esso, folti e lunghi capelli grigio/neri, non curati e raccolti in tondo sul capo. Ha un’espressione intensa e gli occhi chiusi, mentre con una voce da mezzo soprano, ben impostata, canta le ispirate parole in onore della Madonna, magistralmente musicate da Schubert. Completa il tutto un piccolo banchetto posto davanti a lei, su cui sono raccolte le sue cose e un recipiente, poggiato per terra, dove raccogliere le offerte dei distratti e frettolosi abitanti e turisti che transitano per quel luogo.
Ho avuto occasione d’incontrare in tante parti, in Italia e all’estero, quelli che comunemente sono definiti “artisti di strada”, che per i più disparati motivi sono costretti ad esibire il loro “talento” artistico (a volte più millantato che reale), per provvedere ai loro bisogni primari.
In questa fragile e dimessa donna, però, c’è qualcosa che mi ha particolarmente colpito, senza comprendere bene cosa fosse. E’ una sensazione indefinita, che nasce dalla bella voce, dalla delicatezza e dall’umiltà del suo aspetto. Ho percepito un segnale, un messaggio che tradiva il suo sincero imbarazzo nel vedersi costretta a cantare per i turisti per sopravvivere.
Con questa netta sensazione, che mi ha suscitato commozione, io ed altri del mio gruppo, dopo aver plaudito la sua estemporanea esibizione, abbiamo inserito nel recipiente i nostri contributi.
Questo semplice e sentito gesto, c’è stato ricambiato con ampi sorrisi e ringraziamenti con le mani giunte, confermandomi ancor più quella sensazione intuitiva che avevo provato in precedenza.
Stavamo per allontanarci quando la signora, prende dal suo banchetto dei bigliettini e ce li consegna. Sono una specie di biglietti da visita in fotocopia. Nel porgerli, sembra che voglia dirci: non sono una mendicante od una che ha trovato un simile espediente per vivere.
Io sono:
Pilar Rodriguez
Poetisa – Soprano profesional – Concertista.
(Clasico espanol, ciclo Lorca, Falla, ecc.).
Tel….. – Fax….- indirizzo web
Non so, se tutto questo sia vero o no.
Mi piace pensare che lo sia e, altrettanto, mi dispiace di provare un gran senso di mortificazione.