LA POMPEIANA

 

 

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79 D.C.

La giornata è calda e soleggiata. Una tipica condizione del mese di agosto.

Mancano pochi giorni ai “Vulcanalia”, la festa in onore del dio Vulcano. Quest’anno la ricorrenza promette di essere molto ricca e sfarzosa, anche per festeggiare la quasi integrale ricostruzione di Pompei, dopo il rovinoso terremoto di sedici anni prima. I magistrati della città si sono adoperati molto, anche per proprio tornaconto, ad organizzare feste, giochi e spettacoli straordinari.

Camilla, una giovane e bella ragazza appartenente ad un’agiata famiglia di Pompei, di origine sannitica, è intenta a curare il piccolo orto/giardino, sito all’interno del peristilio della sua grande e confortevole casa.
Indossa una tunica bianca da casa, stretta in vita da una cintura, senza maniche e lunga fino ai piedi che appena si vedono. Si è appoggiata con la mano destra sul bordo di una piccola colonna dorica, dove ha posato il falcetto con il quale ha raccolto numerosi fiori, per lo più rose di varia grandezza e messi in un vaso posato sul pavimento, alla sua destra e parzialmente coperto dalla colonna.
Con un atteggiamento deliziosamente civettuolo, si sta mettendo una piccola rosa anche sull’orecchio sinistro e si sporge verso la piccola vasca antistante, compiacendosi di ammirarsi nel riflesso dell’acqua per vedere l’effetto dei fiori sul suo giovane viso.
L’acqua le rimanda l’immagine del volto, dagli occhi socchiusi, ingentilito e abbellito dalle due roselline ai lati del capo adornato da una folta capigliatura castana, raccolta ed intrecciata.
È facile immaginare che, in quei momenti, la sua mente sia percorsa da piacevoli pensieri sulle speranze per il futuro che l’attende, come giovane sposa di un rampollo di una famiglia di pari condizioni della sua e sul suo avvenire di moglie e madre in quella piccola ma importante città di Pompei.

La consapevolezza della sua bellezza, che il riflesso dell’acqua le conferma, si accompagna con un po’ di civetteria e malizia nell’indugiare in questi suoi seducenti gesti, perché si è accorta che un fanciullo, sporgendosi appena dalla porta del vicino cubicolo, con la curiosità dell’adolescenza, sta spiando i suoi atteggiamenti così femminili. Camilla è compiaciuta di sentirsi ammirata per la sua avvenenza.

Entrambi non possono, nemmeno lontanamente, prevedere che, tra poche ore, tutte le loro speranze, illusioni ed aspettative sulla loro vita, saranno ridotte in cenere dall’esplosione del Vesuvio e che quel momento lieto sarebbe stato l’ultimo della loro breve vita. __________________________________

Ho presunto che siano state queste le sensazioni che mio nonno ha voluto trasferire nella rappresentazione del suo quadro “La pompeiana”, di cui ha realizzato più di una versione, di diversa grandezza, ma sostanzialmente simili. È evidente che, anche su di lui, la tragedia di Pompei esercitava una forte suggestione.

Ho allegato la foto del quadro in mio possesso e quelle di due particolari per rendervi partecipi dell’opera e dell’interesse che nutro nei confronti di Pompei (vedasi anche il racconto “Lucretia et Gaius”).

Ho provato ad interpretarlo e commentarlo, con quali risultati non so,ma nell’ambito dei miei tentativi di esercitarmi in ogni direzione, dopo “Il quadro del nonno”, mi sono cimentato anche in questo.

Sergio

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