Claudio e Mario sono amici da tanti anni; la loro è un’amicizia solida e reale che li unisce nel profondo dell’animo e che non ha mai patito di debolezze e incomprensioni. È un legame così forte che nulla lo può danneggiare: condividono gli stessi ideali, gli stessi interessi culturali, e anche molti di quelli sportivi sia praticati, sia seguiti solo come appassionati.
La loro vita è quasi speculare: è raro che non vivano insieme gli avvenimenti che li coinvolgono.
Ne consegue che le loro vite non hanno segreti per entrambi, tanta è la confidenza, la lealtà e la sincerità mostrata, in ogni occasione, negli anni seguenti al loro incontro, fra i banchi del liceo.
Solo un episodio della vita di Claudio è rimasto sempre avvolto in una nebbia che ne sfuoca i contorni volutamente e che non è mai stato condiviso pienamente.
Entrambi, ormai, sono adulti, hanno formato una famiglia, fanno un lavoro che li gratifica sia moralmente, sia economicamente e hanno un figlio ciascuno che hanno quasi la stessa età, essendosi sposati nello stesso anno.
Il tempo da trascorrere insieme si è giustamente adattato alla vita delle rispettive famiglie, però non è mutata l’abitudine di godere del tempo libero e delle ferie, di solito insieme, così pure delle festività più importanti.
Molti fine settimana e anche qualche giorno di ferie li trascorrevano insieme, in un paesino dell’Abruzzo, dove avevano affittato una casa per tutto l’anno, per potersi dedicare allo sci, nel periodo invernale e nelle altre stagioni, alle passeggiate salubri fra i monti circostanti, spesso coinvolgendo anche altri amici comuni che si aggregavano a loro.
In una sera d’estate, complice il fresco della montagna, Claudio e Mario sono seduti nel piccolo giardino antistante alla casa, con una bottiglia di grappa sul tavolino e con due bicchieri in attesa di essere riempiti.
Dopo aver parlato per diversi minuti di vari argomenti, com’erano soliti fare in questi momenti di tranquillità e complice la buona grappa, Mario dice a Claudio:
“Ti posso chiedere una cosa?” esordisce con un tono dimesso.
“Certo che puoi, non capisco questa domanda, sai bene che tra noi non ci sono impedimenti di sorta…” risponde Claudio deciso, che prosegue: ”Bene spara la domanda che sembra imbarazzarti!”
“Ecco Claudio, noi due siamo un libro aperto dove entrambi possiamo sfogliarne le pagine e non ci sono stati mai ostacoli a ciò o remore che abbiano impedito la totale confidenza fra noi, tranne… ”Mario fa una pausa per vedere la reazione dell’amico e prima che lui glielo faccia notare, prosegue: ”Tranne per quella storia, che è stato il tuo primo amore, che hai avuto a diciotto anni con Angela, una delle tue numerose cugine.”
“Se conosci la storia, vuol dire che te ne ho parlato, quindi non capisco perché affermi che non ti ho detto tutto come il solito.”
“Sì hai ragione, ma di quella bella e importante storia non mi hai mai chiarito come e perché sia improvvisamente finita!”
Claudio ha mutato espressione, questa domanda dell’amico lo fa regredire di oltre trent’anni ed è evidente che gli abbia suscitato un’emozione per il riemergere dalle nebbie del passato di un ricordo che ancora lo turba e che dopo tanti anni non è stato ancora metabolizzato e ancora lo emoziona.
“Mario hai una buona memoria e ancora ti ricordi che il mio racconto della vicenda era incompleto e nascondeva volutamente una parte importante di essa.” Mario fa una pausa per riordinare le idee e soddisfare la richiesta dell’amico.
“Tu ricorderai come ho conosciuto Angela, una cugina che avevo visto una o due volte prima del millenovecentosessantatré, quando ancora era una bambina, tra l’altro pure bruttina; la lontananza fra le due sorelle, mia madre e sua madre, rispettivamente abitanti a Roma e a Taranto, aveva influito sulla sporadicità dei nostri incontri, anche se le sorelle erano molto legate fin dall’infanzia. I loro rari e fuggevoli incontri avvenivano nella casa della nonna, nella costiera sorrentina, quando entrambe si recavano a trovarla, in particolare nel periodo estivo, ecco perché i miei cugini, quattro erano i figli di mia zia, erano come degli estranei per me a differenza di quelli residenti nel paese della nonna in cui trascorrevo le estati in casa di un’altra zia. L’evento che mi permise di rivedere Angela, la più grande dei figli di solo un anno più di me, fu l’acquisizione della patente e di conseguenza la possibilità di muovermi in autonomia senza le difficoltà che comportavano i treni. Con la mia seicento usata portai i miei genitori fino a Taranto, dove saremmo stati ospiti di mia zia per diversi giorni. Il viaggio fu lungo e scomodo, le autostrade erano ancora di là da venire, però raggiungemmo la meta tanto desiderata da mia madre ma indifferente per me.”
“Fin qui nulla di nuovo.” Fa Mario
“Sì ma voglio che il racconto sia completo perché diventi più comprensibile!” replica Claudio.
“Ok, prosegui allora.”
“Bene tralascio altri particolari; entriamo nella casa di zia, un appartamento molto grande nel centro di Taranto, dove, prima, oltre a loro sei erano ospitati alcuni parenti del padre padrone che era mio zio…”.
“Padre padrone?” interrompe Claudio.
“Sì Mario, un individuo d’altri tempi che ha sfruttato mia zia come una serva, le ha inibito, forse meglio dire proibito, d’insegnare nelle scuole superiori, come la sua laurea in lettere le consentiva, perché lui era un maestro elementare e non poteva essere che la moglie avesse un incarico più qualificato del marito, quindi ha fatto anche lei la maestra. Per inciso il padrone aveva anche la delega per incassare lo stipendio di zia che non ha mai saputo quanto prendesse e non disponeva nemmeno dei soldi per pagare un caffè alla sorella!”
“Un bel tipo non c’è che dire!”
“Un presuntuoso e un borioso che non mancava anche di cornificare la moglie!”
“La figura del padre ha influito molto anche sull’educazione e la crescita dei miei cugini, come puoi ben comprendere.”
“Torniamo ad Angela. Appena entrati a casa, ci siamo scambiati i saluti con gli zii e i cugini, mancava Angela per la quale avevo una grande curiosità, perché mi era stata descritta come una gran bella ragazza ed io, memore dei ricordi di una ragazzina secca e bruttarella, avevo molti dubbi e pensavo ad una descrizione volutamente benevola ed esagerata.”
“Invece non era così, vero Claudio?” fa con tono malizioso Mario che già conosceva questo particolare, avendola incontrata molti anni prima quando venne a Roma con la famiglia.
“Già, non era proprio così, quando raggiunsi Angela che stava sul balcone di casa per salutarla, era di spalle ed appena si voltò, rimasi addirittura stordito: tutto quello che si era detto di lei, era riduttivo, Angela era di una bellezza mozzafiato, un corpo statuario messo bene in evidenza dagli abiti molto aderenti, un incarnato perlaceo, due labbra sottolineate da un rossetto rosso rubino e due fari al posto degli occhi. Il volto le s’illuminò in un sorriso e mi abbracciò scambiandoci un bacio tra “cugini”. Non ricordo molto altro dei primi momenti, perché ero nella più totale confusione, frastornato e contento, perché il viaggio aveva ricevuto un suo giusto premio.”
“Si chiama tempesta ormonale quella che hai appena raccontato!”
“Già, avrei voluto vedere te al mio posto!”
“La tempesta avrebbe colpito anche me, insieme ai “fulmini” di Cupido, perché le frecce sarebbero state poca cosa…” dice Mario con arguzia.
“Battute a parte, parlare di fulmini che mi hanno squassato la mente e il corpo rende molto bene la situazione creatasi.”
“A proposito di tempesta ormonale ora ti dico una delle situazioni che si era creata: per i giorni seguenti, non ricordo quanti, sono stato in un continuo stato d’eccitazione, tanto da arrivare ad accusare dei forti dolori alla zona pelvica: a quel punto decisi di ritirarmi nel bagno e scaricare parte degli “ormoni” accumulati, ma la congestione dolorosa ci mise diverse ore prima di attenuarsi e svanire.”
“Chi fa da sé, fa per tre, è proprio il caso di dire!” se n’esce Mario ridendo.
“Va bene prima che la butti tutta in burla, cercherò di sintetizzare la storia al massimo.”
“Ecco bravo, infatti io volevo solo sapere come una storia così travolgente fosse finita in maniera così repentina.”
“Ecco, devi ricordare che eravamo nei primi anni sessanta, il sessantotto era ancora lontano, ma non credo che avrebbe mutato la situazione, i pregiudizi e i condizionamenti anche religiosi oltre che medici, non erano favorevoli alle unioni fra cugini di primo grado, pur se figli di due sorelle, quindi la nostra storia, quando divenne nota a tutti i familiari, suscitò non poche critiche e subimmo pesanti condizionamenti psicologici.
Ricordi che la nostra relazione era più che platonica, data la distanza e la vigilanza esercitata su Angela, viveva di un’intensa corrispondenza che grazie alla complicità delle due sorelle, mia madre e mia zia, cui, in fondo, non vedevano male il nostro “amore”. Nei mesi nei quali essa si svolse, infatti, noi ci scrivevamo intense ed anche ingenue lettere d’amore, frutto della nostra adolescenza che enfatizzava ogni sentimento.
Queste lettere per giungere inosservate a mio zio, che nulla avrebbe potuto obiettare su uno scambio epistolare fra le sorelle, erano redatte su più fogli da lettera e loro occupavano solo la prima parte, avendo cura di lasciare un congruo spazio bianco perché Angela ed io potessimo scambiarci le nostre dolci e sognanti parole d’amore. Per fare ciò, qualcuno che non ricordo, ci suggerì di scrivere sulla parte lasciata in bianco dei fogli, con una penna il cui pennino doveva essere intinto nel succo di limone; la scrittura asciugandosi spariva alla vista ma opportunamente riscaldata, con un ferro da stiro caldo, riappariva di color arancione e leggibile nella sua interezza. Questo stratagemma produsse una gran quantità di lettere che ognuno di noi, poi, conservava gelosamente e leggeva ripetutamente.”
“Simpatico questo stratagemma dell’inchiostro!” interrompe Mario sorridendo
“Questo modo di comunicare continuò coprendo tutti i lunghi periodi tra un incontro e l’altro.” Continua Claudio, senza dar peso alla battuta di Mario.
“Le pressioni morali e psicologiche continuavano sempre, creandomi uno stato d’ansia che non potevo attenuare a causa della lontananza di Angela, tanto meno con le lettere!”
“Allora che successe dopo tanto cinguettare sulla carta… se ci fosse stato Internet sarebbe stata tutt’altra cosa!” interviene Mario.
“Mario io sto parlando seriamente di una vicenda che mi ha sconvolto, prima positivamente e poi massacrato nel più profondo dell’animo quando si concluse improvvisamente e senza che potessi fare qualcosa!”
“Ok Claudio, scusami, le mie battute volevano solo alleggerire la tensione emotiva che intride tutte le tue parole!”
“Cazzo, “intride”… stai imparando l’italiano, finalmente!” gli replica Claudio.
“Ecco così mi piaci Mario, visto che servo a qualcosa?”
“Fammi finire ora così la tua curiosità sarà esaudita e la mia storia non avrà più segreti per te!”
“Dopo circa due anni dal primo incontro, purtroppo non ricordo più bene la cronologia di questa storia che avevo in parte rimosso, anche se le sue conseguenze psicologiche sono state forti, ci siamo incontrati con le famiglie nel paese, dove viveva la nonna materna e altre due sorelle di mia madre che ci ospitavano, quando possibile, durante l’estate. Quell’estate furono mia zia e la sua famiglia ospiti dell’altra sorella, io e i miei fummo ospitati a Castellamare di Stabia presso un’altra sorella. In quei giorni facevo il pendolare fra i due paesi contigui, per stare più tempo possibile con Angela. Fu in uno di quei giorni che feci la frittata, almeno così ho creduto per molto tempo.”
“Perché dici così, sarebbe stata colpa tua la fine della storia, però ne dubiti!” dice Mario.
“Sì perché un giorno, mentre eravamo soli, cosa rara, io parlai con Angela di tutte le sollecitazioni subite perché la nostra storia fosse interrotta, perché l’unione fra consanguinei stretti come noi, poteva avere degli effetti gravi su un’eventuale prole. Un pregiudizio radicato che oggi fa sorridere anche perché ridimensionato dalla medicina ufficiale che considera i fattori di rischio quasi uguali a quelli delle coppie che non hanno legami di parentela. Io presi l’argomento solo per trovare conforto in lei e sfogare le ansie che questa situazione mi aveva creato: cercavo in Angela una sponda sicura per controbattere queste azioni, sia nella sostanza, avvalendoci di pareri medici contrari a queste credenze, sia nella forma che tentava di fare il vuoto intorno a noi.”
“Mi sembra un atteggiamento giusto da parte tua, Claudio.”
“Già ma Angela non la prese proprio così! Mi accusò di essere un debole, di farmi condizionare, di non essere capace di reagire e di battermi per il nostro amore. Ti giuro che non era questa la mia intenzione, io ero più che mai convinto di andare in fondo alla nostra storia, nonostante tutto e cercavo solo il suo conforto che mi tirasse su di morale e mi consentisse di continuare la battaglia per il nostro amore con più forza e convinzione.”
“Ma tu le hai detto queste cose?”
“Certo che sì! Ma non ha voluto recedere accusandomi di non amarla tanto da combattere contro tutto e tutti.”
“Dopo di che, se n’è andata, lasciandomi impietrito e sconvolto, dicendomi soltanto: ADDIO CLAUDIO!”
“Dopo essermi parzialmente ripreso, tornai nella casa dei miei zii e senza guardare nessuno in faccia e senza dire nulla, andai nella stanza, dove c’era il mio letto e sbottai in un pianto disperato e straziante che non ricordo quanto durò, ma solo che non ho mai pianto tanto in vita mia come in quell’occasione.”
“Cavolo hai preso una “mazzata” grandissima!”
“Sì, soprattutto perché non era quello che mi aspettavo e volevo, io desideravo continuare la nostra storia fino a che non ci saremmo potuti sposare, superando qualsiasi ostacolo. Questa era la mia posizione evidente ma lei non l’ha voluta capire e uso il verbo volere di proposito, perché ripensando spesso a quel colloquio e all’assurdità di chiudere la nostra straordinaria storia, mi è anche venuto il dubbio che Angela abbia approfittato di quello che le dissi, considerandolo un atto di debolezza e di vigliaccheria, perché voleva lei troncare il rapporto per dei suoi motivi che non conosco e abbia preso la palla al balzo per dirmi quello stentoreo: ADDIO CLAUDIO!”
“L’hai più rivista Angela?”
“No! Sono trascorsi oltre trenta anni, so solo che si è sposata e ha avuto un figlio, niente di più.”
“Ti sei mai chiesto che se non fosse andata così, come sarebbe stata la tua vita Claudio?”
“Tantissime volte…” risponde Claudio con un groppo in gola.
“Claudio andiamo a fare due passi, dai, così ti riprendi un po’ sia per l’aria buona sia per qualche battutaccia mia…”
Claudio lo guarda e dentro di sé si compiace di quella fraterna comunione con Mario, consolidata in decenni di frequentazione che tante volte l’ha aiutato moralmente a superare dei brutti momenti.
“Sì Mario, andiamo una passeggiata insieme a te mi farà sicuramente bene, poi dopo ci attende la compagnia delle nostre famiglie per cenare insieme in allegria e serenità.”