È una fresca sera di maggio.
Il clima e la temperatura, non hanno ancora i connotati estivi e ti consentono di godere al meglio le ore seguenti al tramonto, in prossimità del mare.
Il cielo, infatti, non ancora alterato dal caldo intenso e umido, mantiene ancora quella trasparenza e nitidezza, tipica delle fresche notti primaverili.
È la situazione ideale per trascorrere le prime ore della notte, all’aperto, facendo una lunga camminata in compagnia di sé stessi e una rilassante sosta seduto sulla spiaggia, durante la quale perdere il proprio sguardo nella profonda e nera vastità del mare, leggermente puntinato dal riflesso delle stelle, chiaramente visibili, perché prive del filtro dell’umidità stagnante e dell’inquinamento, anche luminoso.
Esco da casa e mi avvio verso l’estremità sud del paese, dove una stradina, agilmente percorribile, anche di sera, grazie alla sua discreta illuminazione, ti conduce fin sulla spiaggia piena di scogli plasmati, nel corso d’innumerevoli secoli, dal mare e dal vento.
Attraverso buona parte del paese e, con la complicità delle finestre, non più chiuse, ascolto i suoi abitanti intenti ai riti serali che si compiono in ogni famiglia, quando essa si ricompone nella sua integrità.
Il rumore delle stoviglie, quasi sovrastato dall’immancabile televisore, mi fa capire che molti stanno ancora cenando, ma non si sente alcuna voce colloquiare con un’altra. Non avverto nessun dialogo.
Dalle finestre più basse si vede chi già sonnecchia davanti all’onnipresente televisore, chi rassetta la cucina, ma sempre, nessun dialogo.
Ogni tanto, si ascoltano, invece, solo voci alterate, che, se anche incomprensibili, ti trasmettono la rabbia, il livore e l’insofferenza che, troppo spesso, affliggono i rapporti familiari.
È incredibile quanto si può udire, da chi sa ascoltare, comprendere e interpretare quei frammenti di vita che escono improvvisi dalle finestre illuminate e che rotolano nella tua testa, mentre percorri le strade abitate dagli uomini.
Quest’immersione nell’”umanità”, mi piace ripeterla spesso. Essa è una fonte di conoscenza e d’interessanti riflessioni.
Fin da piccolo, sono stato affascinato dalle luci delle case, dalle finestre illuminate, magari viste solo di sfuggita da un finestrino di un treno, che ti lasciano intravedere o intuire l’esistenza di altre vite, con le loro gioie, con i loro dolori, con i loro affanni, con i loro rimorsi, con i loro rimpianti, esattamente come me. Io, queste vite non le attraverserò mai, non saprò mai chi sono e come sono, ma esistono!
Ti accorgi che da questi rettangoli luminosi, fuoriescono le sensazioni più disparate e i comportamenti più diversi.
Puoi avvertire l’odio e l’amore, l’arroganza e la sottomissione, l’umiltà e la superbia, l’ingenuità e la malizia, la collera e la rassegnazione, il capriccio e la necessità, la superbia e l’umiltà, la bontà e la cattiveria, l’indifferenza e la solidarietà.
Sono giunto, finalmente, in riva al mare, trascinando dietro i miei pensieri, che sempre mi accompagnano in queste mie escursioni notturne.
Mi accomodo su di uno scoglio asciutto, sagomato dagli elementi a mo’ di sedile e faccio un profondo respiro, per inalare, quanta più possibile, quell’aria balsamica e densa di profumi.
Lo sciabordio del mare, il canto di alcuni uccelli notturni e le stelle, sono, rispettivamente, la colonna sonora e le luci che illuminano i miei pensieri.
Con gli occhi della mente ripercorro la mia esistenza e quella dei numerosi altri che non frequenterò mai e mi pongo sempre la stessa domanda: “Ma se siamo tutti soggetti alle stesse sensazioni, se soffriamo e gioiamo delle stesse cose, perché ancor oggi, che ci si conosce molto di più, non riusciamo a vivere in pace e in concordia?”
Continuo a fissare il cielo e, con sorpresa, mi rendo conto di distinguere nettamente la Via Lattea. Era dai tempi della mia fanciullezza che, a questa latitudine, non riconoscevo così bene la nostra costellazione.
Se solo tutti potessero guardare il cielo come l’osservo io, si renderebbero conto in quale cosmica armonia coesiste un’infinità di oggetti, mentre noi, che siamo meno di un punto in quest’universo, non vi riusciamo.
Il cielo di notte, al buio, non lo “guarda” più nessuno.