Sono le venti e qualche minuto.
Sto guardando svogliatamente il telegiornale che mi propina le notizie raccapriccianti di Londra, dell’ennesimo infanticidio, dell’ennesima diatriba politica, che hanno l’effetto d’altrettanti pugni nello stomaco.
Ad un certo punto, il giornalista di turno ricorda che oggi è il trentaseiesimo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna.
È bastato quest’annuncio e le immagini successive, a corredo del servizio, per provocarmi un’ondata di ricordi e d’emozioni, che mi hanno riportato a quella notte, ormai lontana, in cui ho vissuto anch’io, in diretta, l’entusiasmante suggestione di quell’impresa.
La mia mente comincia ad estraniarsi dalla realtà, il telegiornale comincia a dissolversi, le voci dei giornalisti si affievoliscono sempre più e mi ritrovo a far luce nel mondo oscuro dei miei ricordi. Con una lanterna in mano, mi aggiro nei meandri della mia memoria per cercare quante più ricordi possibili di quella lontana e magica sera. Come un topo di biblioteca, frugo nel mio “archivio” personale ed estraggo le mie residue memorie…
Erano già diversi giorni che Mauro ed io parlavamo della spedizione dell’Apollo XI e sul come organizzarci per seguire la telecronaca dell’allunaggio in televisione, che non avremmo mancato per nulla al mondo. L’eccitazione di vivere un momento storico ci aveva già preso sin dalle precedenti missioni dell’Apollo, i cui buoni esiti prefiguravano anche il successo di questa missione, la più importante.
Abitavamo nello stesso palazzo, ci dividevano tre piani, perciò, l’unico problema era scegliere in quale casa seguire l’importante avvenimento. Fu deciso per casa di Mauro. Si trattava di fare molto tardi e casa sua, si prestava meglio, per la collocazione del televisore, a non disturbare chi non volesse seguire l’evento fino in fondo.
L’appuntamento era per dopo cena, anche se la trasmissione televisiva iniziò presto, tanto l’ora prevista per l’allunaggio era dopo le 22.
Come d’accordo sono andato a casa di Mauro e ci siamo accomodati davanti al televisore a seguire la lunga diretta condotta dal giornalista Tito Stagno. I ricordi sono scarsi e un po’ confusi, trentasei anni non sono pochi! Rammento che la telecronaca (della durata di venti ore), forse la prima, di un genere poi affermatosi, prevedeva collegamenti oltre che con l’America, con altre città e con numerosi personaggi della scienza, della cultura e del giornalismo, oltre quelli presenti in studio con lui. Egli fu magistrale nel riempire ed integrare con notizie e commenti la lunga cronaca, condotta con un buon ritmo giornalistico e con una gran capacità di tenere desta l’attenzione. Tito Stagno era talmente partecipe della vicenda, da coinvolgere anche lo spettatore più distratto, figurarsi noi che eravamo altrettanto eccitati ed emozionati.
Quando il LEM, il modulo lunare, staccandosi dalla navetta principale al cui comando c’era Collins, iniziò la sua discesa verso il “mare della tranquillità”, l’emozione inizio a “salire”. Più il LEM scendeva, più le nostre emozioni aumentavano, il nostro sistema simpatico era al massimo, stimolato anche dalla puntuale cronaca di Tito Stagno che sottolineava ogni minuto della manovra d’”allunaggio”, chiosando, per scaramanzia, su tutte le eventuali difficoltà che Armstrong ed Aldrin avrebbero potuto incontrare.
Finalmente, con qualche incertezza, dovuta alla concitazione del momento ed ai collegamenti con gli Stati Uniti, non sempre comprensibili, si ha notizia che il modulo ha toccato la luna! Erano le 22,17(ora italiana) del 20 luglio 1969.
La telecamera esterna inquadra, senz’ombra di dubbio, uno dei piedi del LEM, saldamente appoggiato, su un terreno forse polveroso, ma più compatto del previsto. Era fugata anche l’ultima difficoltà che molti avevano paventato: il rischio che il modulo trovasse un terreno poco compatto e che si posasse in maniera inadeguata per il ritorno nell’orbita lunare, alla navetta madre.
L’entusiasmo dello studio televisivo e di Stagno in particolare esplose, e con esso il nostro, Mauro ed io saltammo dalle nostre sedie, contenti del primo successo della missione: l’uomo era arrivato sulla Luna!
Con altrettanta emozione, cominciò l’attesa della discesa dei due astronauti sul suolo lunare. Un’attesa che ci parve lunghissima.
Avremmo voluto che appena al suolo, avessero aperto il portello del modulo, calata la scala e…via a correre sul suolo del nostro satellite, per milioni d’anni compagno discreto e distaccato della nostra amata Terra, simbolo magico e poetico di tutte le culture.
Ma, era la prima volta!
La pallida Luna, non era più l’astro notturno cantato dai poeti, non era più il simbolo della notte, che si contrapponeva al radioso Sole, era una landa sconosciuta, solitaria, priva di vita, un deserto galleggiante nello spazio, che andava affrontato con rispetto e con tutte le precauzioni del caso.
Non ricordo quanto tempo trascorse da quando Armstrong uscì dal Lem e prese a scendere i gradini della scala che lo separavano da un suolo che per la prima volta non era “terrestre”. A noi parve un’eternità.
In realtà fu un periodo di tempo lungo, specialmente quando raggiunse l’ultimo gradino, oltre il quale c’era la luna.
L’ansia era diventata spasmodica. Lo stesso Tito Stagno, con i suoi continui annunci del tipo: ha toccato il suolo lunare! No. Mi dicono, non ancora…Ecco ora si accinge a posare il piede…no! Ancora un po’, Quest’altalena di conferme e smentite, enfatizzava l’attesa dello storico momento.
Alla fine Armostrong pose, finalmente, il suo piede (non ricordo se fu il destro od il sinistro) sulla Luna! Poi l’altro, restando per qualche secondo ancora attaccato al “terrestre” modulo Lem, compreso di lasciare un pianeta per un altro e pronunciò la celeberrima frase: ”Un piccolo passo per un uomo ma un grande passo per l’umanità!”
In preda all’entusiasmo, Mauro ed io ci abbracciammo e, con molta probabilità, ci siamo detti, anche se non lo ricordo:
“Pensa, Mauro, un giorno potremo dire ai nostri figli, ai nostri nipoti che quella magica notte del 20 luglio 1969, noi c’eravamo e potremo comunicargli le emozioni, provate in quella lontana notte d’estate”.
Armstrong cominciava a saggiare la consistenza del suolo, muovendosi in maniera buffa, sia per il peso dell’apparato per la respirazione, sia per le conseguenze dovute alla minore forza di gravità della luna che alleggeriva notevolmente le sue movenze e quella di Aldrin, che nel frattempo l’aveva raggiunto. Ebbe, così, inizio la parte scientifica/esplorativa della missione, la cui durata fu di due ore e trenta minuti.
Non perdemmo nessuna fase della missione: dall’impianto nel suolo della bandiera americana, in nome di tutta l’umanità, alla posa della targa sulla quale una studiata simbologia, aveva il compito di spiegare, ad un improbabile altro navigatore spaziale, chi eravamo e che venivamo in pace.
Quando la “passeggiata lunare” terminò, i due astronauti rientrarono nel Lem con 21 kg di campioni di rocce lunari, con una serie di foto straordinarie fatte, se non vado errato, con una Hasselblad costruita per l’occasione e sicuramente con una carica emotiva e sensitiva, che l’avrebbe accompagnati per tutta la vita.
Facemmo l’alba per seguire la partenza del Lem dalla Luna ed il suo ricongiungimento con la navetta madre, con la quale i primi visitatori della Luna, sarebbero ritornati sulla Terra.
Salutai Mauro e ritornai a casa. Non fu facile lasciarsi andare al sonno, con tutta quella tempesta d’emozioni, provate nella notte, che ancora mi scuoteva.
Il mio caro amico Mauro, scomparso tragicamente cinque anni fa, non potrà più narrare, ai suoi nipoti, di quella lontana notte del 20 luglio 1969.
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Mentre riordinavo i miei ricordi di quella notte, mi è venuto istintivo raffrontare questo storico avvenimento, con un altro che ben si può assimilare a questo.
Mi riferisco alla scoperta dell’America, da parte di Cristoforo Colombo.
L’importanza di quest’evento, dal punto di vista della conoscenza, del coraggio, dell’audacia, della tenacia dell’uomo nel tentare vie sconosciute e nello sfidare “l’ignoto”, sono simili.
Dal punto di vista umano e delle sue conseguenze economico/politiche, l’impresa di Colombo è certamente più grande, solo se si consideri la solitudine dell’uomo che ha perseguito il suo sogno fino in fondo, superando enormi difficoltà per avverarlo, in quel lontano 12 ottobre 1492, insieme con un piccolo gruppo d’uomini, quando uno di loro, dall’alto della coffa della Santa Maria, poté gridare, finalmente: “Terra! Terra! Terra!”
Non c’era la televisione a riprendere il signor Colombo, non c’era Tito Stagno a descrivere, puntigliosamente, lo sbarco nell’isola, poi, chiamata San Salvador, c’erano solo le speranze, i sogni, le fatiche di un solo uomo, che riuscì a cambiare il corso della storia, con la forza delle sue idee e convinzioni.
Io non c’ero, ma quanto mi sarebbe piaciuto esserci!