LA PASSEGGIATA NEL BOSCO

La passeggiata nel bosco

Era una bella giornata.
Non mi andava proprio di restare a casa, sia pure per continuare a scrivere alcuni miei progetti narrativi, che non avrebbero mai avuto un seguito editoriale. Non era questo il fine di questa mia attività con la quale stavo riempiendo alcune ore della mia giornata, da quando mi ero affrancato dal lavoro.
“Non avevo velleità di lasciare il segno del mio passaggio, in questo mondo (come se n’esistessero, poi, degli altri), consegnando ai posteri, il prodotto della mia fantasia e della mia capacità narrativa.

Più semplicemente, era il desiderio di recuperare ed ampliare un’attività che risaliva ai tempi del liceo e che, già allora, mi spingeva a trasferire per iscritto i miei pensieri, le mie sensazioni, le mie emozioni, cercando le parole adatte, i costrutti sintattici adeguati ed il rigore della chiarezza e della comprensibilità. Ingenuamente, vagheggiavo di fare il giornalista, senza avere, però, il carattere e la grinta per tentare.

La vita, com’è noto, non sempre prende la piega che uno vorrebbe, anche a causa di noi stessi, quindi, questa mia attitudine fu relegata nel profondo dell’anima, in una specie di quarantena dei sentimenti e delle emozioni, da cui, ogni tanto, riemergeva per celebrare momenti gioiosi e momenti tristi, con la capacità che tutti mi hanno sempre riconosciuto, di saper toccare le corde giuste e di sintetizzare in poche ma esaurienti frasi, l’evento che mi ero riproposto di commentare e/o la persona da elogiare o da ricordare.

 Il tempo della mia vita, già avanti negli anni, era tornato tutto nella mia disponibilità. Potevo, finalmente, “consumarlo” e amministrarlo al meglio dedicandomi alle mie numerose e gratificanti passioni dello spirito e del corpo.

Non nascondo che, nei primi mesi, ho addirittura sofferto di una sindrome ansiosa, perché non è facile riorganizzare la propria vita, quasi ex novo, abbandonando i ritmi esistenziali consolidatisi nel corso di oltre trent’anni, per crearne di nuovi. Tuttora, ho ancora qualche affanno ad ottimizzare il tutto, ma riuscirò a trovare i giusti ritmi.

La ricerca di questi “ritmi”, però, non doveva comportare una schematizzazione rigida della mia vita, avevo considerato anche l’imprevisto, il fatto occasionale, la scelta diversa di compiere azioni estemporanee.

 Quel giorno, era uno di quei giorni, che sarebbe stato “diverso”.

“Oggi prendo la moto, me ne vado verso l’Abruzzo, senza una meta precisa, voglio solo stare un po’ con me stesso, con i miei pensieri, immerso nella natura, in qualche montagna, qui vicino”.

Detto. Fatto.

Percorsi la prima parte della strada, già teatro delle mie scorribande su due ruote e che conosco a memoria, con l’intento di seguire l’istinto del momento, che mi avrebbe guidato verso una zona dove potermi fermare e fare una solitaria e corroborante escursione dentro una zona densa di vegetazione, ma agilmente percorribile.

Era trascorsa circa un’ora, quando sulla strada che conduce a Tagliacozzo, attraversando il versante montuoso, più solitario e suggestivo, giunsi al bivio per Marsia, località frequentata d’inverno, perché sede di una piccola e modesta stazione sciistica.

L’istinto mi suggerì di girare a quell’incrocio e raggiungerla a quota 1500 metri. La strada che, fra curve e tornanti, conduce alla stazione è molto bella, s’incunea in maestosi boschi di faggi, lecci ed abeti, che erano all’acme del risveglio estivo.

Dopo pochi chilometri raggiunsi una radura, dove finiva la strada, artificialmente creata per consentire il parcheggio delle auto degli sciatori. Eravamo in piena estate e vi erano poche auto di gente in vacanza nella zona.

Fermai la moto, chiusi il casco ed i guanti nel bauletto e mi addentrai nel bosco circostante.

Incontrai un cartello che segnala un sentiero che conduce ad un posto panoramico, in un tempo stimato di circa 45 minuti.

Mi avviai e fatti pochi passi, mi ritrovai immerso nel bosco, in compagnia del rumore dei miei piedi, dello stormire delle foglie, schiaffeggiate delicatamente da un leggero vento. Lo stesso vento mi trasportava, con leggerezza, quasi non volesse alterarli con la sua forza, gli odori del bosco, in cui riconobbi la fragranza dei muschi, gli effluvi fungini, l’afrore dell’umido sottobosco con le foglie cadute che lentamente si  macerano e l’aroma delle resine delle conifere.

Mentre respiravo a pieni polmoni questa salubre miscela della natura, ero accompagnato da alcuni versi d’uccelli, che, da buon cittadino, non sapevo riconoscere.

Proseguii, immerso in queste piacevoli sensazioni psicofisiche, colpito dai numerosi raggi del sole che s’insinuavano nel fitto fogliame.

Mentre assaporavo, con soddisfazione, queste sensazioni, che confermavano la giustezza della mia decisione di dedicare la giornata a quest’immersione nella natura, vidi venirmi incontro una ragazza, abbastanza giovane, non più di trent’anni, a prima vista. Bruna, alta quasi quanto me, camicetta verde chiaro, con sopra una giacchetta di cotone con molte tasche, pantaloni jeans e scarpe da “trekking”. Un perfetto abbigliamento per le escursioni in montagna.

“Buongiorno signore”

Mi salutò ancor prima che ci avvicinassimo, ottemperando a quella bell’usanza che è ancora in vigore tra gli appassionati della montagna e della natura in generale, quando ci s’incontra sui sentieri.

Sugli altri sentieri, quelli d’asfalto, ci s’insulta e ci si prevarica, ma questo è un altro discorso…

“Buongiorno!” Le risposi con educazione e con molto piacere, considerata la sua discreta ma indubbia bellezza.

“Bella giornata per una passeggiata nel bosco. Non le pare?”

Sorpreso da quest’avvio di conversazione, che non mi aspettavo, risposi dopo una breve esitazione.

“Sì! Sì. Proprio una giornata ideale, non troppo calda e… poi, che aria si respira e che profumi si avvertono…”

Non volevo essere da meno, cercando di ampliare i contenuti della conversazione, in particolare, con una donna così piacevole.

“Per raggiungere il posto panoramico, quanto ci vorrà ancora?”

“Se lei ha un buon passo, non più di un quarto d’ora!”

“Ah! Grazie. Lei viene da lì? Vale la pena…si vede un bel panorama?”

“Si, vengo anche da lì ed il panorama è molto gradevole”.

“Quell’anche sottintende che lei, oggi, ha visitato anche altre zone di questo bosco?”

“Non proprio… io, qui, ci abito!”

Quest’affermazione, pronunciata seriamente, lì per lì, mi lasciò interdetto.

Dissimulando, le chiesi:

“Perché, lei abita in uno di quegli edifici alla base delle piste da sci?”

“No!”

Rispose seccamente e senza perdere il suo sorriso.

“Ah, ho capito, lei è di Tagliacozzo o di Carsoli e viene spesso qui a passeggiare per ritemprarsi”.

“No! Io abito qui, nel bosco”.

“Lei ha una casa nel bosco, ma è una cosa splendida e… dov’è, qui vicino?”

“Si, molto vicino”

“Ci viene solo l’estate o anche l’inverno, a trascorrere le vacanze?”

“Veramente, ci vivo tutto l’anno”.

“Tutto l’anno? Nel bosco?”.

“Mi scusi l’indiscrezione…lei è sposata, ha una famiglia con cui vive, qui nel bosco?”

“No, sono sola, ma sono abituata. Sono tantissimi anni che vivo nei boschi…”

Quest’altra affermazione, mi suonò più strana delle precedenti e m’indusse questa riflessione:

“Nei boschi…tantissimi anni…ma se è così giovane… Oddio, poverina, vuoi vedere che non ha la testa completamente a posto, che peccato…così bella… mi conviene assecondarla e, poi, salutarla quanto prima”.

“Allora lei è sola e vive “nei boschi”…da tanti anni. Ma che brava… e si trova bene, ovviamente, vivere in un posto così incantevole e salubre…”

Mentre pronunciavo queste parole, consultai l’orologio in maniera evidente per dimostrare che, ormai, non potevo trattenermi oltre.

“È stato molto piacevole incontrarla signorina. Si sta facendo tardi ed io, che abito… molto lontano da qui… devo ritornare a casa. Arrivederci”.

“Arrivederci Sergio, anche se credo che non c’incontreremo più!”

Io mi ero già voltato per tornare sui miei passi, quando udii il suo saluto e averle sentito pronunciare il mio nome, mi provocò un sussulto che m’irrigidì.

“Io non le ho detto come mi chiamo…come fa a saperlo…” Pensai.

Mi voltai con lo stupore stampato sul viso, mentre lei mi guardava con un sorriso disarmante.

“Ma come…fa a sapere il mio nome, non mi pare di essermi presentato e…nemmeno lei si è presentata…”

“Sì Sergio, hai ragione di essere stupito”

Mi disse passando dal lei al tu.

“Non solo, so come ti chiami, ma so anche chi sei, cosa fai e perché oggi sei venuto qua”.

Mentre io ero in preda alla confusione, frammista alla paura, perché quanto mi stava accadendo non aveva niente di razionale e di logico, lei mi descrisse con assoluta precisione tutte le sensazioni ed i sentimenti che provavo, le mie ansie, i miei desideri, i miei progetti e le mie intenzioni, con molta più lucidità ed esattezza di quanto avrei potuto fare io stesso!

Quando ebbe finito, mi fissò con uno sguardo dolce che ingentiliva ancor più il suo bel viso, quasi come volesse rassicurarmi, che qualunque cosa pensassi che mi stesse accadendo, non c’era alcun pericolo.

In preda ad un comprensibile stordimento, le chiesi chi mai fosse per conoscere tutto di me e quali straordinari poteri avesse e da dove le provenissero, non contemplando in nessun modo di trovarmi coinvolto in un episodio “paranormale”, perché il mio algido raziocinio mi ha sempre impedito di credere a fatti del genere.

“Io non posso dare le risposte alle tue domande, perché tu non le accetteresti, posso solo dirti che io sono una Ninfa della natura e che vivo negli alberi del bosco. Nei tempi antichi mi chiamavano ninfa Driade, come la più famosa Euridice. Oggi mi sono manifestata a te per lenire le tue ansie e per offrirti un’occasione per scrivere di quest’incontro “speciale” che, io già so, tu descriverai come un “parto” della tua fantasia, non accettando razionalmente che tutto ciò sia veramente accaduto. Io, in ogni caso, ho raggiunto il mio scopo”.

“Una Ninfa? Come Euridice? “

“Qui i casi sono due”. Mi dissi

“O è matta lei, o sono diventato matto io. Forse ho respirato troppa di quest’aria e non essendoci abituato, mi ha procurato le visioni…”

Ma, lei la “ninfa” era ancora davanti a me!

“Torna pure a casa e prosegui serenamente nella tua attività creativa!” Mi disse con tono suadente.

Così dicendo, la sua immagine svanì dai miei occhi e fui investito da un intenso e persistente profumo di “bosco”, che nonostante il vento della moto, mi è rimasto addosso fino a casa e l’ho percepito finché ho scritto di quest’avvenimento, svanendo all’improvviso, solo quando ho battuto il punto finale.

 

Questa voce è stata pubblicata in Racconti surreali e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

2 risposte a LA PASSEGGIATA NEL BOSCO

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.