FIABA – 2
Il nonno si appresta a raccontare un’altra delle sue “fiabe”, il più delle volte inventate da lui, al nipotino che si è appena infilato nel letto e non dormirebbe senza una delle sue fiabe.
– Luca, tanti, ma tanti anni fa, c’era un vasto territorio, lussureggiante e fertile, dove i suoi abitanti vivevano sereni, felici ed in perfetta simbiosi con la natura che, generosa, ricompensava la loro quotidiana fatica, con l’abbondanza delle sue messi e dei suoi frutti.
Quel territorio, quell’ecosistema come si dice oggi, rappresentava l’ideale affinché le comunità, che in esso risiedevano, potessero godere del benessere di una vita che scorreva in armonia.
Ma… c’era un ma!
Le popolazioni che vi abitavano, erano tutte discendenti di un antico popolo, di cui conservavano solo scarse memorie, oltre la consapevolezza di appartenere allo stesso ceppo umano.
In epoche remote, tanto lontane nel tempo da non saperlo quantificare, si divisero in due grandi nuclei, perché una parte di loro preferì la zona pianeggiante ed ubertosa, vicina al mare che lambiva quella terra, mentre la restante popolazione scelse di vivere nelle zone più interne, piene di colline e vallate, a ridosso di maestose montagne, le cui cime erano imbiancate da nevi perenni.
In questo fenomeno migratorio, che condusse alla separazione di quell’antichissimo popolo, non c’era nulla di straordinario. Esso rispondeva alle primarie esigenze dei nostri antenati di popolare i territori che più si addicevano alle loro capacità d’adattamento ed alle loro possibilità di sfruttarne al meglio le caratteristiche, per garantire la sopravvivenza della loro gente e dei loro figli.
Fu, quindi la somma di molte scelte personali che nel corso del tempo contribuì a formare queste due grandi comunità, che geneticamente e culturalmente nascevano “uguali”.
Ma, come la storia c’insegna, nel corso dei secoli queste due comunità, che vantavano la stessa origine, grazie alle loro capacità, affinatesi nel tempo, crebbero notevolmente e pur avendo a loro disposizione un territorio talmente grande da poter soddisfare le necessità di entrambe, cominciarono ad avere dei contrasti e delle controversie.
I gruppi dei più giovani d’entrambe le parti, ogni tanto, si spingevano oltre la loro regione, sconfinando nel territorio dell’altra comunità, volontariamente e provocatoriamente, per dimostrare la loro bravura, la loro forza e le loro qualità di esplorare e cercare nuove terre.
In pratica, iniziava la storia del genere umano, che per millenni e tuttora, con mezzi e forme diverse, persegue sempre lo spirito di supremazia, sulla parte di esso, giudicata più “debole”.
Questa, però, è una storia che deve ancora finire e che, quindi, non posso raccontare. Torniamo al tempo in cui le storie, ancora avevano un senso.
Questa imprescindibile necessità dell’uomo di progredire, crescere, esplorare, per trarre sempre maggiori vantaggi per la propria famiglia e la propria comunità, si sviluppò e si potenziò in uguale misura, in entrambe le popolazioni della grande regione, che, per comodità, chiameremo: i Marini ed i montanari.
I due gruppi, ormai si potevano definire due popoli distinti.
Il trascorrere del tempo ed il rincorrersi delle generazioni, avevano prodotto, sia pure lentamente, delle piccole ma evidenti modifiche somatiche, tali da distinguerli, anche se non sempre, gli uni dagli altri.
I Marini, vivendo in una regione più calda e bagnata dal mare, avevano assunto una carnagione dal colore ambrato, che tendeva ancor più a scurirsi se esposta lungamente al sole, nei lavori dei campi e nelle attività dedite alla pesca. Anche la corporatura risentì l’influsso delle attività lavorative che essi praticavano, come l’agricoltura e la pesca, appunto, rendendo i loro corpi più massicci e meno aggraziati che in origine.
I Montanari, al contrario, vivendo in un luogo dal clima più fresco e quasi gelido, d’inverno, avevano accentuato la chiarezza della pelle che anticamente caratterizzava sia i Marini che i Montanari e avevano mantenuto e sviluppato le caratteristiche d’altezza ed agilità dei corpi, dotati anche di una buona tonicità muscolare. Anche i capelli erano diventati, mediamente, più chiari di quelli dei Marini.
Alcune volte, però, accadeva che gli antichi geni, che accomunavano Marini e Montanari, si ripresentassero, come per sfida, inalterati, facendo sì che nascessero dei bambini che avrebbero potuto essere indifferentemente Marini e Montanari.
Questa situazione si protrasse per diversi secoli e quelle che prima erano poco più che delle bravate di pochi ragazzi scalmanati e dall’indole violenta, divennero quasi la regola.
Le situazioni di scontro fra le due comunità divenivano sempre più frequenti, dando origine a vere e proprie scaramucce, dove non era infrequente che ci scappasse anche il morto, oltre agli immancabili feriti.
Questi episodi contribuivano ad allargare il solco che ormai si era creato fra i Marini ed i Montanari, che, immemori delle comuni antiche origini, si combattevano apertamente e disputavano su tutto: per il più piccolo lembo di terra, per l’utilizzo dell’acqua di un fiume, per il diritto di pascolare il proprio bestiame a propria discrezione sulle terre degli altri, fino ad interrompere qualsiasi rapporto commerciale consolidatosi nei secoli, con i quali si scambiavano i prodotti ed i beni frutto del lavoro delle rispettive comunità.
Ogni tanto si levava la voce di qualche anziano saggio, che tentava inutilmente, di porre fine a quell’insensata contrapposizione fra i due popoli, che procurava solo sofferenze e lutti ad entrambe le parti.
Ma erano voci inascoltate e derise, perché sia i Marini che i Montanari perseguivano l’insano progetto di asservire l’altro popolo, giudicato inferiore per la loro diversità e per il loro modo di vivere.
Questa condizione di conflitto permanente, condusse inevitabilmente, perché nessuno fu in grado di impedirlo, allo scontro finale e totale, che avrebbe dovuto determinare, in modo definitivo, quale dei due popoli dovesse governare su tutto il territorio che andava dal mare ai monti.
In una tiepida e soleggiata giornata di settembre, nella vasta pianura che dalla regione dei Marini arrivava fino a quella dei Montanari, due schiere agguerrite e determinate, composte da quasi tutti gli uomini validi d’entrambe le parti, diedero vita ad una battaglia fra le più lunghe, cruenti e feroci che la storia antica ricordi.
Per giorni il combattimento si protrasse, senza che nessuna delle due parti subisse una sconfitta, tanto erano equilibrate le forze in campo, animate dagli stessi sentimenti d’odio e di vendetta che ne moltiplicavano le energie.
Tutto si compì, quando, anche i pochi che ancora si reggevano sulle gambe, non furono più in grado né di muoversi, né di lanciare le loro grida di guerra.
Sulla valle scese, insieme al tramonto del terzo giorno, anche un silenzio irreale, interrotto dai lamenti dei feriti e poi dal lugubre pianto delle donne che, dopo aver assistito inermi ed allibite, all’assurda battaglia, cercavano i propri figli, mariti e padri nell’immenso carnaio in cui era stata trasformata la verde valle.Mentre era in corso la straziante pena del riconoscimento dei morti, del recupero e della cura dei feriti, da entrambi i lati, dell’enorme campo di Morte, si udì un brusio intenso che accompagnava due grandi gruppi di persone, che nella semioscurità del tramonto, si stentava a distinguere.
Giunti in prossimità del campo di battaglia, qualcuno comprese che si trattava dei bambini, sì, i bambini Marini da una parte e quelli Montanari dall’altra. Si cercò di fermarli, per evitargli di assistere a tanto orrore. Ma essi, come un’onda di un mare in tempesta, proseguivano imperterriti, per nulla turbati dal cruento spettacolo che gli si parava davanti. Avevano tutti, un’espressione così seria e determinata sui loro visi, che nessuno più provò a fermarli, anche perché erano tutti allo stremo delle forze.
I bambini Marini e quelli Montanari si congiunsero quasi al centro e non furono pochi gli uomini e le donne che, per un attimo, temettero che la follia avesse contagiato anche loro, trascinandoli allo scontro fisico.
Fu solo un attimo, un pensiero fugace indotto dall’enorme tensione emotiva.
I bambini si fermarono gli uni dinnanzi agli altri, fissandosi negli occhi per un tempo che sembrò lunghissimo.
Senza una parola o un grido, allargarono tutti quanti le braccia e si abbracciarono con tale intensità e trasporto, che la valle, pietrificata dal silenzio in cui era piombata al loro apparire, risuonò soltanto del soffocato rumore dei loro abbracci, subito seguito dal pianto liberatorio di tutti coloro, feriti compresi, che assistettero all’evento eccezionale e straordinario che, a loro volta, si abbracciarono. Fu così, nipote mio, che in quell’antico territorio ritornò la felicità e la prosperità dei tempi antichi ed i Marini ed i Montanari, smisero di chiamarsi così e tornarono ad essere un unico popolo: quello UMANO.Anche oggi, Luca, che il mondo vive una follia simile a quella che ti ho narrato, solo voi bambini, con la vostra innocenza e la vostra purezza, potrete salvarlo dalla distruzione.
Luca mi guarda in silenzio, come se mi volesse dire qualche cosa. È indeciso… forse ha compreso la morale, è un bambino intelligente, come tutti i bambini.
…“Buona notte nonno!”
…“Buona notte Luca”.