Un racconto di Natale

Luca è un bambino molto sveglio e riflessivo, figlio di genitori preparati e compresi del loro ruolo educativo e non solo biologico.

Ha undici anni e si sta preparando, in questi ancor caldi giorni di settembre, alla nuova avventura scolastica che tra pochi giorni lo vedrà non più scolaro ma studente della prima media.

I giorni precedenti l’apertura delle scuole, sono sempre caratterizzati da una grande animazione ed eccitazione: c’è l’acquisto del nuovo corredo scolastico, dello zaino nuovo, da pavoneggiare davanti agli altri bambini, i nuovi e numerosi libri, odorosi di stampa la cui tentazione di sfogliarli subito è irresistibile.

Queste sensazioni di Luca sono amplificate dal passaggio importante dalla scuola Elementare alla Media. Un primo grande passo in avanti negli studi e nella vita. C’è, inoltre, l’emozione d’incontrare i compagni di scuola, salutati pochi mesi prima – “chissà se ci saranno tutti e se staremo ancora nella stessa classe?”

Tutto questo accavallarsi d’emozioni e d’avvenimenti rende i giorni immediatamente precedenti l’inizio dell’anno scolastico, intensi e agitati.

 

Finalmente, l’atteso giorno arriva. Alessia, la mamma, dopo averlo svegliato, lo aiuta a vestirsi ed a prepararsi.

Insieme al papà Andrea, fanno un’abbondante colazione, durante la quale Luca è oggetto delle ultime raccomandazioni, che egli ascolta con educato sussiego, facendo capire che le ha ben comprese.

I genitori sanno che Luca è un bambino a modo e di cui non hanno da preoccuparsi… ma qualche raccomandazione di troppo, non guasta, specie ora, che è uno studente!

Andrea si alza per andare in ufficio e bacia Luca dicendogli: “In gamba eh! Ora sei un ometto!”

 

Ancora pochi minuti e Alessia è pronta per accompagnarlo alla scuola, che è abbastanza vicina da poterci andare comodamente a piedi ma oggi è il primo giorno e lo vuole portare lei, dopodiché si recherà al lavoro.

Mentre stanno in auto, Alessia chiede a Luca: ”Allora? Sei emozionato?” Ripensando al suo stato d’animo, quando andava a scuola.

“No mamma, non è mica la prima volta che vado a scuola!”

“Sì, lo so Luca, ma questa è la scuola media, avrai tanti professori e non più la maestra, compagni nuovi, un modo di studiare diverso… insomma è un gran cambiamento!”

“Mamma…lo so, certo ho un po’ di curiosità, ma già mi sono preparato, ho parlato con i miei compagni e…credo che non ci saranno problemi!”

Di fronte a tanta consapevolezza e lucida determinazione, Alessia non può fare a meno di pensare: ”Sentilo un po’-non ci saranno problemi- quando noi eravamo bambini, lo eravamo per davvero! Luca sembra già un adulto. Noi eravamo meno svegli, non c’era questa televisione con diecine di canali, Internet, i giochi elettronici e di ruolo, il telefonino e quant’altro… Chissà… forse, è meglio così!”

 

Giusto il tempo di queste rapide riflessioni e Alessia e Luca sono arrivati alla scuola. Riesce a malapena a fermarsi in mezzo ad una festosa confusione di bambini e genitori e fa scendere Luca non senza averlo abbracciato e baciato, con una certa ritrosia da parte sua: ” Mamma, dai, ci sono i miei compagni!” “Sì, sì, vabbé, Luca ci vediamo all’una, ciao!”

 

Luca indossa lo zaino e si avvia verso il grande assembramento davanti all’entrata della scuola. Incontra numerosi compagni delle elementari, si salutano, scherzano e, poi, invitati dai bidelli, entrano nella scuola.

Ognuno si dirige verso la sezione cui è stato assegnato, come dagli elenchi affissi già da giorni nella bacheca della segreteria.

Quella di Luca è la 1a C. Una rapida occhiata ai cartelli e individuata l’aula, vi entra insieme agli altri compagni e si sceglie un banco.

Trascorrono pochi minuti, arriva un insegnante, si siede in cattedra e si presenta: “Buongiorno ragazzi! Sono il professor Mancini, il vostro insegnante d’italiano e di storia”.

Tutti i ragazzi rispondono al saluto, si siedono in silenzio e iniziano a scrutarlo ed inconsciamente a valutarlo.

Il professore si accinge a fare l’appello, quando bussano alla porta, una delle segretarie della scuola fa capolino per poi entrare in compagnia di un bambino dagli evidenti tratti somatici medio orientali.

“Professore buongiorno. Ecco il bambino di cui le avevamo accennato nelle riunioni preparatorie. Si chiama Ammar e viene da una scuola di un altro quartiere. Approfitto, quindi, per presentarlo anche a voi ragazzi”. Un brusio percorre la classe unitamente a molti gesti di saluto e a qualche: ” Ciao Ammar!”

“Grazie ragazzi. Dicevo che Ammar proviene da una scuola elementare situata dall’altra parte della città e si è iscritto qui perché i genitori hanno cambiato casa e si sono trasferiti in questo quartiere. Ammar è nato in Italia, parla molto bene l’italiano che è, quindi, la sua lingua madre, anche se conosce e parla l’arabo per averlo studiato con insegnanti arabi mentre frequentava la nostra scuola”.

Il professor Mancini interrompe la segretaria e nel salutare Ammar e nell’invitarlo ad entrare e a prendere posto, si sente in dovere di aggiungere alcune considerazioni a quanto detto dalla segretaria.

“Ragazzi, come avete ascoltato, Ammar è nato in Italia, egli è, quindi, cittadino italiano, come pure i genitori, che vivono e lavorano nel nostro Paese da oltre venti anni, essendo emigrati in Italia molto giovani. Mi aspetto che lo accogliate e che lo consideriate, né più né meno, come uno di voi ed il fatto che si chiami Ammar e non Marco, Giuseppe, Massimo o altro ancora e che sia di religione mussulmana, non deve e ripeto, non deve fare alcuna differenza, perché Ammar è un bambino, un ragazzo, come voi, in tutto e per tutto e se prega Allah invece che Gesù deve essere ininfluente nei vostri giudizi e sui vostri comportamenti. Mi attendo che l’accogliate e lo rispettiate come merita e anche tu Ammar, ti comporterai con i tuoi compagni allo stesso modo.” Un brusio d’approvazione si leva da tutta la classe, appena il professore ha pronunciato queste parole.

“Vi desidero farvi notare, cari ragazzi, che la presenza di Ammar mi ha dato modo d’impartirvi la mia prima lezione dell’anno. Una lezione di vita, d’amore e di rispetto. Adesso sedetevi pure che faccio l’appello”.

Ammar, che fino a quel momento era rimasto immobile vicino alla porta dell’aula, si guarda intorno e si siede sul primo posto libero più vicino, che sta proprio accanto a Luca.

“Ciao Ammar” lo saluta schiettamente Luca. “Ciao…” L’esitazione di Ammar è subito interrotta da Luca.

“Luca, mi chiamo Luca”. “Ciao Luca”. Ricambia Ammar.

Inizia così il nuovo anno scolastico di Luca: nuova scuola, qualche nuovo compagno, anche “straniero”, nuovi professori.

Giorno dopo giorno, fra Luca ed Ammar si stringe un vero vincolo d’amicizia, che va oltre il semplice rapporto fra compagni di classe. Fra loro è nata quella simpatia istintiva, epidermica ed immediata che, a volte, misteriosamente, scocca, come una scintilla, fra due persone.

Non è un’amicizia facile perché, nonostante l’iniziale esortazione del professor Mancini, la cattiveria dei bambini che, a volte, ha radici nei discorsi e nei comportamenti dei grandi, ha messo spesso a dura prova Luca, che ha sempre difeso l’amico Ammar da chi, stupidamente, lo provocava per il suo aspetto fisico e per la sua religione.

I primi due mesi di scuola trascorrono senza problemi particolari anche perché le iniziali ostilità ed intemperanze di alcuni compagni, si sono infrante davanti al carattere di Ammar ed al comportamento degli altri, oltre Luca, che avevano accettato di buon grado l’amico straniero. La vita scolastica procede nel migliore dei modi: Luca ha confermato le sue qualità intellettive e comportamentali anche nella nuova scuola e l’amico Ammar dimostra di possedere un’intelligenza pronta e versatile ed un’educazione esemplare. Entrambi procedono con un buon profitto in tutte le materie, non mancando di sostenersi a vicenda, aiutandosi l’un l’altro in quegli argomenti in cui uno dei due è più versato dell’altro.

Il loro è divenuto un rapporto amichevole e simbiotico.

La soddisfazione di Alessia ed Andrea, per il rendimento scolastico di Luca, è amplificata da quell’intenso rapporto che ha saputo allacciare con il bambino d’origine egiziana del quale desidererebbero anche conoscere i genitori.

Siamo ai primi di dicembre e come tutti gli anni, iniziano i preparativi commerciali del Natale. Ogni anno cominciano sempre prima: il Natale è anche (ed in certi casi, solo) la festa dei consumi e dei regali!

Un giorno, durante la ricreazione Luca fa una domanda, semplice ed ingenua, come sono spesso le domande dei bambini, ad Ammar: ”Secondo te, Allah e Gesù, Dio, sono la stessa cosa…sono lo stesso Dio chiamato in modo diverso?” “Luca non lo so, forse…sì perché Dio è Dio è lo è comunque si chiami!”

Quest’affermazione concisa e non priva di logica di Ammar, colpisce e convince Luca. Non parleranno più di questo, in seguito.

Alcuni giorni dopo, Luca chiede al suo amico che cosa facessero a casa sua, a Natale e come vivessero questa festa che non li riguardava.

“Per noi, il Natale è un giorno come un altro, le nostre feste religiose rispecchiano i precetti del Corano, come ce li ha indicati il profeta Maometto”.

“Sì, questo lo so e lo capisco, ma qui in Italia è una gran festa, non si lavora, gli uffici, le fabbriche e le scuole sono chiuse, quindi, anche voi partecipate alla festa, ecco perché ti ho chiesto, come la passate”. Incalza Luca. “A parte il fatto che noi tutti siamo a casa, è un giorno qualsiasi, stessa vita, stesso cibo”.

Ah! Ho capito”. Risponde Luca. Dopo qualche secondo di pausa dice ad Ammar”. E…se la sera della vigilia di Natale tu venissi a casa mia con la tua famiglia, a partecipare al “cenone”, che dici…si potrebbe fare?”

“No! Noi non festeggiamo feste cristiane e mio padre, che è legato alle nostre tradizioni ed alla nostra cultura, anche se vive da molti anni in Italia, non fa eccezioni e concessioni agli “infedeli”.

“Perché?” Replica Luca. “Perché non lo so…non l’ho capito bene, ma è così!” Risponde Ammar.

“Io sono cattolico, eppure ti piaccio, no? Stiamo bene insieme e non ti ho mai detto nulla se tu preghi Allah e non Gesù, non è vero?”

“Sì! È vero Luca e… anche per questo che non capisco bene il comportamento di mio padre, ma non ci posso fare niente”.

Luca intristitosi per questa risposta e per il dispiacere che traspariva dalle parole di Ammar, gli dice: “Senti Ammar, se mio padre telefona al tuo, per invitarlo con la famiglia, una di queste domeniche? Così i nostri genitori si conoscono, come mamma mi ha chiesto più volte e potrebbe essere l’occasione per parlarne con lui e…chissà che non si convinca”.

“Beh…sì, si può provare, perché no?”

Quello stesso giorno, quando Luca ritorna a casa con la nonna, si prepara mentalmente un discorsetto da fare ai genitori.

Più tardi quando la mamma ed il papà sono a casa ed entrambi indaffarati in cucina nei preparativi della cena, Luca attira la loro attenzione:

“Mamma, papà, vi devo dire una cosa importante!” “Una cosa importante?” replica Andrea “E che sarà mai questa cosa, manca solo la tromba!” Risponde, scherzando.

“Dai papà, è una cosa seria. Ho pensato d’invitare Ammar e la sua famiglia al cenone della vigilia!”

Questa richiesta suscita stupore nei genitori di Luca, che interrompono quanto stanno facendo e lo fissano tra l’incuriosito ed il meravigliato.

“Ma…Luca…” dice Alessia “ I signori Abdalla sono mussulmani, non festeggiano il Natale, né hanno una grande considerazione per i cristiani, in genere!”

“Sì, mamma, lo so, però si può provare a chiederglielo. Tu li volevi conoscere, no? Allora invitali la prossima domenica a prendere il tè o il caffè o qualcos’altro e vediamo che dicono!” “Ecco, questo è il numero del telefono, chiamali!”

Alessia ed Andrea davanti a tanta determinazione, si scambiano un cenno d’intesa e Alessia dice al marito: ”Forse è meglio che chiami tu!” “Io?” “Sì tu, è meglio che parliate fra voi “maschi” di casa, così v’intenderete.”. Dice Alessia accendendo un sorriso ironico sul suo volto.

“Ah sì? Fra maschi di casa… e da quando sono finalmente il maschio di casa, qui?” Risponde ironizzando Andrea, subito raggiunto sul viso da un canovaccio che Alessia stringeva fra le mani.

“Va bene, vado, vado!” Bofonchiando Andrea va nello studio a far questa telefonata “solidale”.

In cucina Luca ed Alessia rimangono ad aspettare, non senza trepidazione.

Trascorrono pochi minuti ed Andrea ritorna in cucina con un’espressione del viso che non promette niente di buono.

Luca impaziente: “ Allora papà, ci hai parlato? Che ti ha detto? …dai diccelo!”

Anche Alessia pressa il marito, non comprendendo perché tentenni tanto.

“Ecco…Luca “ un colpo di tosse interrompe per un attimo Andrea. “…come avevo previsto…non è possibile…” “Non è possibile cosa papà?” Insiste Luca. “Fammi finire Luca…non è possibile che la famiglia di Ammar venga qua da noi, domenica… prima delle cinque!”

“Papà, sei sempre il solito!” Alessia di rimando: ”Ci hai fatto credere che non venissero, per poi…sei un mascalzone!”

Segue una risata liberatoria generale. Dopodiché, Andrea precisa: ” Ma questo non significa che, poi, la vigilia vengano a cena da noi!”

“Sì, sì papà, domenica si vedrà intanto, è già qualcosa!”

“E bravo il mio ometto impegnato nell’integrazione multiculturale…bravo!” Così dicendo, Andrea lo solleva in aria e l’abbraccia.

“Beh, ora mangiamo che ho una gran fame…cristiana!”

Domenica, a casa di Luca, sono tutti in fermento per la visita della famiglia di Ammar. Tutti tradiscono il nervosismo e l’ansia per quest’incontro con una famiglia di cultura e religione così diversa, con le quali i contrasti, negli ultimi anni, si sono fatti più frequenti e più duri per le note vicende di terrorismo e per le guerre condotte in alcuni paesi mussulmani. Se a questo clima psicologico si aggiunge che il motivo della visita è di convincerli a venire alla cena della vigilia di Natale, ce n’è in abbondanza per essere apprensivi!

Luca, il più agitato di tutti, guarda l’orologio: sono le 16,30!

“Ammar mi aveva detto che venivano alle quattro, e ancora non sono qui!”

Ha appena fatto questa considerazione, che il campanello squilla.

“Luca, vai ad aprire tu!” Dice Alessia.

“Sì, vado mamma.”

Luca si precipita alla porta, apre e gli appare tutta la famiglia Abdalla al completo, con un fare timido ed impacciato, segno evidente dell’imbarazzo che quest’invito ha creato anche a loro. Appena spalancata la porta, Alessia ed Andrea si fanno avanti e con la massima cordialità: ”Prego, signori, accomodatevi, siamo molto contenti di ospitarvi nella nostra casa!”

Giunti in salotto Alessia li fa sedere sul divano e lei ed il marito si accomodano sulle poltrone. Luca ed Ammar, senza alcun imbarazzo già parlano, poi Luca dice: ”Ammar ed io andiamo nella mia camera a giocare, poi ci chiamate”. Senza attendere la risposta, sono già spariti nel corridoio.

Alessia rompe gli indugi e rivolgendosi alla signora Amina le fa i complimenti per la figlia Farah, di sei anni, che con due occhi grandi neri e dai guizzi vivaci osserva curiosa, ma compostamente seduta sul divano, tutto quello che accade intorno a lei e l’arredo della sala. La signora Amina ringrazia Alessia e poi ritorna nel suo silenzioso riserbo.

Andrea che si rende conto della situazione di stallo, chiede a Muhammad:

”Sig Abdalla, o meglio Muhammad…mi permetti di darti del tu, vero? Siamo quasi coetanei, abbiamo i figli che sono grandi amici, quindi, possiamo darci del tu ed anche lei Amina, dia del tu ad Alessia, è una brava donna, sa? Evitiamo i convenevoli e le cerimonie!”

L’atmosfera comincia a sciogliersi. Muhammad, accennando un sorriso sul suo giovanile volto, dalla pelle ambrata, incorniciato da folti capelli neri, sul quale spiccano gli immancabili baffi, risponde ad Andrea, non senza spirito: ” Certo che mi puoi dare del tu. E’ da quando sono arrivato in Italia con mio zio, oltre venti anni fa, che tutti mi danno del tu. È naturale, per me, che mi si dia del tu…un po’ meno che sia io a dartelo, ma sono contento di poterlo fare”.

Alessia ed Amina, complice la comune condizione di madre, cominciano ad entrare in confidenza, con il trascorrere dei minuti. In capo a poco più di un’ora, tra un tè ed un caffè con contorno di biscotti ed una fetta di panettone, aperto per l’occasione, le due coppie non hanno più segreti e l’originaria timidezza e riservatezza, dovuta alla differenza sociale e (meno) a quella culturale, si è dissolta.

Dopo aver consumato le bevande, mentre i bambini, Farah compresa, erano nella stanza di Luca a giocare, Andrea cerca di affrontare l’argomento che è all’origine di quella riunione.

“Muhammad, una curiosità. Voi che siete mussulmani, anche se a prima vista non sembrate due bigotti, come diciamo noi, cioè degli osservanti scrupolosi che antepongono la religione davanti a tutto il resto…come trascorrete le feste di Natale…in un paese cristiano?”

“Per noi è un giorno qualsiasi, non è una festa nostra e quindi non lo festeggiamo!”

“Sì, questo l’immaginavo”. Dice Andrea. “Siccome è un periodo festivo che coinvolge anche voi, se non altro perché non si lavora nei giorni 25 e 26 ed il primo ed il 6 gennaio, questa festa ha un aspetto positivo anche per voi che lavorate”.

“Per questo sì. Facciamo anche noi festa perché non si lavora, non si va a scuola, ma niente di più che questo!”

“Beh, quando non si lavora…qualsiasi festa va bene!” Esclama, compiaciuto Andrea.

“Mi chiedevo, quindi, se noi v’invitassimo a partecipare a quello che noi chiamiamo cenone di Natale, la sera del 24 dicembre, insieme ai nostri parenti e qualche amico…come voi, appunto, cosa questa che farebbe gran piacere ai nostri figli, che diresti? Si può fare?”

Questa domanda, pur posta con la maggior delicatezza possibile, crea un’atmosfera di gelo inattesa cui segue un intenso scambio di sguardi fra Muhammad e Amina.

Con un’espressione molto seria Muhammad risponde: ” Tu hai detto bene, Andrea, non sono un…biotto…” “Un bigotto…” precisa Andrea. “ Ah sì, un bigotto, un integralista o fondamentalista, come dite voi di noi mussulmani, ma non puoi chiedere a me ed alla mia famiglia di partecipare ad una festa religiosa cristiana. No! Questo non è proprio possibile, anche per rispetto alla mia comunità di cui sono un attivo esponente!”

Andrea, che era già preparato ad una risposta simile, sfodera tutte le sue capacità comunicative e gli risponde: ” Sì. Ho capito e, sinceramente, mi aspettavo questa tua reazione!” “Ma vedi, non è questo il senso del mio invito. Noi non festeggiamo in casa in “maniera religiosa”, se così vogliamo dire. Il Natale, quello religioso, come dici tu, si festeggia in chiesa, alla messa di mezzanotte o alle messe del giorno di Natale. Il cenone, il pranzo, sono dei festeggiamenti laici, dove si sta insieme e si mangia in allegria. E’ un’occasione per ritrovarsi insieme alla propria famiglia ed ai propri amici. Il Natale, sotto quest’aspetto, lo festeggia anche chi non crede in Dio”.

Andrea prende un attimo fiato, quasi a voler meglio coordinare le idee e per verificare se dallo sguardo di Muhammad si vedono segni di ripensamento. Dopodiché, riprende il suo discorso, quasi non volesse dargli il tempo di pensare ad una risposta.

“A questo proposito, credo che tu sappia che il Natale si festeggia anche in Giappone, dove i cristiani non sono nemmeno l’un per cento della popolazione. Anche loro hanno accolto nelle loro usanze questa festa, come festa della famiglia, dei bambini…di chi si vuole bene in generale, che in quest’occasione cercano di stare insieme in pace ed in gioia, dimenticando per un giorno gli affanni della vita, delle guerre, del terrorismo, delle catastrofi naturali e di tutti gli altri accidenti che succedono in questo pazzo mondo, che sembra aver smarrito il senso della vita!”

Andrea, senz’accorgersene, si era infervorato in questo discorso fino ad enfatizzarlo, pronunciando l’ultima frase con un nodo in gola.

Riprende fiato per un momento e non lasciando di nuovo la possibilità di replicare a Muhammad, sulla scia dell’emozione che, ormai, lo pervade, prosegue: “Tuo figlio ed il mio sono diventati amici, si vogliono bene, studiano e giocano insieme. Stanno dimostrando, a modo loro, che non c’è nessuna differenza religiosa e culturale che possa alterare i valori fondamentali di noi appartenenti al genere umano e…quando Luca, con le lacrime agli occhi, mi ha chiesto d’invitarvi, oggi, per conoscervi e chiedervi di stare insieme con noi la vigilia di Natale, ho capito che lui aveva superato, senza difficoltà, quelle invisibili ed a volte, insormontabili barriere che, noi “grandi solo di fatto” innalziamo fra noi, dimenticando di essere sostanzialmente uguali. Allora, ho superato anch’io le mie perplessità e ti ho chiamato!” “Ecco, questo è tutto e scusami se mi sono accalorato, ma, per me, l’argomento della fratellanza e dell’amicizia è molto importante e sono orgoglioso di averlo trasmesso anche a mio figlio!”

 

Preso dalla foga del suo ragionamento, Andrea non si è accorto che Ammar, Luca e la piccola Farah stanno immobili, affacciati sulla soglia del salone, impietriti ed ammutoliti dalle sue trascinanti parole.

Appena il papà finisce di parlare, Luca, con uno slancio inatteso ed imprevedibile abbraccia Muhammad e gli dice: ”Io voglio bene ad Ammar e, quindi, anche alla sua famiglia e che io sia cristiano e voi mussulmani non me ne frega niente! Venite, allora, a cena la sera del 24 dicembre? Sì?”

Dire che Muhammad è confuso e frastornato da quella situazione, anche per lui, inattesa, è dir poco. Il suo imbarazzo è evidentissimo. Vorrebbe rispondere, ma tutto ciò gli ha tolto la forza, la lucidità ed anche gli argomenti. La stessa Amina, rimasta finora in disparte ed alla quale Muhammad si rivolge con lo sguardo in cerca di un aiuto, le mostra gli occhi lucidi, ma uno sguardo intenso che gli manifesta, più che con le parole, la sua approvazione ed il suo consenso ad accettare l’invito.

 

A questo punto Muhammad, ripresosi dall’emozione: ”Andrea, sono tanti anni che sto in Italia, in pratica sono cresciuto qui da voi e, a parte qualche episodio di razzismo che non manca mai, sono sempre stato trattato bene e con rispetto, da voi italiani. Una cosa del genere, però non mi è mai capitata e sono rimasto stupito. Non posso deludere Ammar e Luca né mia moglie Amina, il cui nome significa: donna di pace e d’armonia. Accetto con piacere l’invito a patto che tu…accetterai il mio nell’occasione della nostra prossima festività…!”

“Sarà un piacere ed un onore…per noi!” risponde Andrea.

Il resto del pomeriggio continua nella più completa affabilità, anche Amina si è liberata del suo ruolo di donna silenziosa e subordinata al marito e con Alessia intrattiene un fitto dialogo, fino allo scambiarsi alcune ricette di cucina. Alessia ad un certo punto, le chiede: ”Senti Amina, noi v’invitiamo e va bene, ma la vigilia di Natale mia madre, mia suocera ed un’amica, portano, ognuna, una pietanza già cotta. Non credere di fare eccezione! Dopo ciò che mi hai detto sulla cucina, devi partecipare anche tu!” “Alessia, ci avevo già pensato e volevo farti una sorpresa, ma poiché me lo chiedi… ti confermo che vi porterò una specialità nostra, che vi piacerà sicuramente, ma non chiedermi di cosa si tratta…sarà una sorpresa!” “Benissimo, sono contenta, finalmente mangeremo qualcosa di diverso dal solito!” Risponde Alessia ridendo di gusto e guardando Andrea.

Ancora pochi minuti e la famiglia Abdalla, calorosamente salutata, se ne va, con l’intesa di rivedersi fra pochi giorni.

La porta si chiude. Nella casa si respira un’aria di soddisfazione e di gioia. Luca non sta più nella pelle e già fantastica sulla serata della vigilia.

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È la sera del 24 dicembre. In milioni di case si consuma, è proprio il caso di dire, il rito della vigilia del Natale, nell’attesa che il Bambinello nasca a mezzanotte.

È una tradizione parzialmente svuotata dei suoi contenuti religiosi, ma sempre pregna di significati importanti, quali la comunione e l’abbraccio delle famiglie e delle persone care, riunite insieme intorno ad un tavolo, in pace ed in serenità.

Ciononostante è bello immaginare e credere che il divino Bambino, che sta per venire alla luce (essendo lui stesso Luce), si compiaccia di ammirare, Lui che, per antonomasia, ha i mezzi per poterlo fare, tutte le persone allegramente riunite, in suo nome e che passi anche davanti alla finestra del salone di Luca e guardi, sorridendo, quell’ennesimo piccolo/grande miracolo che in virtù del suo messaggio d’Amore universale, a distanza di duemila anni, ancora accade, grazie agli uomini ed ai “bambini di buona volontà”, di qualunque cultura e religione siano!

 

Buon Natale……sempre!

 

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