Infilo la chiave, la serranda si solleva lentamente e rumorosamente ed eccola che mi appare poco a poco, finché posso ammirarla tutta.
Mi avvicino lentamente e con gesto deciso, ma leggero, a guisa di un amante appassionato, le tolgo la copertura, per ammirarla in tutta la sua prorompente bellezza.
Sta lì, immobile e muta davanti a me, nell’attesa che l’accarezzi con delicato ed autentico affetto. Sfioro dolcemente la sua carena, gustando la sensazione che mi trasmette la sua brillante e lucida verniciatura, su cui i polpastrelli scivolano elegantemente come su un tessuto di seta. Tocco il corto manubrio, attraverso il quale essa mi trasmette le sue sensazioni, affinché possa farle mie. Accarezzo il sinuoso serbatoio, le cui anatomiche forme mi permettono di avvinghiarmi a lei, per poterla possedere quando il motore esprime tutta la sua incontenibile forza e gioia di vivere, come un cuore pulsante, durante la foga di un amplesso amoroso. Un’altra carezza all’esigua sella, quasi ad avvisarla del mio arrivo e poi, con un gesto misurato, la faccio scendere dal suo cavalletto, sfilo il perno dalla ruota posteriore ed ecco che essa è pronta per farsi montare.
Rientro a casa, salgo al piano superiore, dove in uno stanzino ci sono i vestiti di pelle che indosso quando esco insieme a “lei”.
Come un torero, che compie, con gesti antichi e sacrali, il rito della vestizione, per poi scendere nell’arena e confrontarsi con il toro, così io, con una liturgia meno appariscente, ma con altrettanta serietà e partecipazione emotiva, indosso la mia tuta di pelle e mi annodo al collo un fazzoletto, dedicato alla mia “lei”, le cui punte garriranno gioiose al vento. Nel garage completerò la vestizione con gli stivaletti tecnici da pista e con un paio di guanti molto protettivi.
Prendo il mio casco migliore e mi avvicino al mio “rosso oggetto del desiderio”.
Sollevo, con una movenza calibrata, la gamba destra che ruota sopra di essa, evitando di toccarla per non farle “male” ed inforco la sella stando ben piantato, con entrambi i piedi sul pavimento.
Inserisco la chiave nel blocchetto dell’accensione, con il piede sinistro chiudo il piccolo cavalletto laterale, giro la chiave, le spie si accendono: la mia rossa amante è pronta ad essere piegata ai miei desideri, dopo averla opportunamente predisposta con tutti i “preliminari” amorosi, appena citati.
Spingo il pulsante per avviare il motore e questi, come desideroso di uscire dal torpore in cui è spesso costretto, libera tutta la sua energia e la sua musica profonda e vigorosa, che si sprigiona dai suoi due grossi cilindri, di circa 500 cm cubici l’uno, posti, fra loro, con un angolo di 90 gradi. Le sue vibrazioni si trasmettono attraverso il mio corpo, che inizia a vibrare con esso.
Tiro la leva della frizione, ingrano la prima marcia, rilascio lentamente la frizione e…via!
Inizia un altro rapporto fra noi.
Con la dolcezza che si conviene ad un tenero amante, per i primi chilometri faccio sì che essa si “scaldi” in ogni sua parte, dal motore alle gomme, avendo cura, nei primi minuti, di non forzare, troppo, le sue delicate quanto ricercate componenti meccaniche.
Quando la temperatura del suo oleoso sangue, raggiunge la giusta gradazione, siamo entrambi pronti a dare il meglio di noi, per raggiungere l’appagamento reciproco.
La strada che abbiamo percorso innumerevoli volte e che non ha più segreti per noi, scivola veloce sotto le gomme. Con sapienti e misurati spostamenti del mio corpo, indirizzo l’energia dei suoi 140 cv per affrontare le curve ed i rettilinei, che ci si presentano davanti, in rapida successione, con la tecnica adeguata.
Curva veloce a destra: corpo leggermente spostato all’interno della curva, spalla destra messa più avanti di quella sinistra, braccio piegato morbidamente e mano che dosa il giusto gas per percorrere la curva, per poi aprirlo con decisione all’uscita di curva, grazie alla gran coppia motrice che possiede il motore bicilindrico.
Proseguiamo così, curva dopo curva, rettilineo dopo rettilineo; io e la mia amante rossa consumiamo il nostro rapporto, con la più grande soddisfazione.
Continuiamo così per circa un’ora, finché non ci concediamo una sosta in cima al Colle di monte Bove, sulla strada per Marsia e Tagliacozzo, a quota 1.220 mt.
Io scendo con il pieno d’adrenalina, lei raffredda i suoi roventi pistoni, ma entrambi ci sentiamo gratificati e soddisfatti.
Faccio due passi per sgranchirmi le gambe e sciogliere i muscoli delle braccia, ampiamente sollecitati dalle numerose staccate e mi godo, in pace con me stesso e con il mondo, il bel panorama che mi si para davanti.
Quanti bei posti ho avuto l’opportunità di vedere, grazie alla moto che ti solleva dall’angoscia del traffico e dall’ansia degli orari, anche se con quella più sportiva, quest’occasione ce l’ho solo quando ci si ferma, perché quando si è in marcia, si “vede” solo la strada e null’altro
Dopo aver ripreso fiato entrambi, ripercorriamo in senso inverso la strada, con un’andatura un po’ più tranquilla, anche se poi, quelle poche volte che guardo il contachilometri, nei rettilinei, è difficile che segni meno di 140 kmh.
Siamo giunti a casa, infiliamo il cancello automatico, ci fermiamo davanti alla serranda del box. Vado a prendere le chiavi per aprirlo. Sistemo la mia compagna, sollevandola sul suo cavalletto. Prima di coprirla, l’accarezzo nuovamente, come si fa con una dolce amante dopo l’amplesso.
Vado a casa, mi tolgo la tuta e… ritorno nella “normalità”.